IL TRIBUNALE
   In   relazione   alla   questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata all'udienza 10 maggio 1996 in  procedimento  penale  contro
 Salvi   Giuliano   +   11,  imputati  come  in  atti,  dal  difensore
 dell'imputato Basile Antonio.
   Premesso:
     che il difensore dell'imputato Basile ha sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  per violazione degli artt. 3, 24, 25 e
 27 della Costituzione, dell'art. 34 codice  procedura  penale,  nella
 parte  in cui non prevede l'incompatibilita ad esercitare le funzioni
 di giudice del dibattimento  per  il  giudice  che,  in  qualita'  di
 giudice  per le indagini preliminari, abbia provveduto, rigettandola,
 su istanza, proposta ex art. 299 c.p.p., di sostituzione della misura
 coercitiva  della  custodia  in  carcere  con  quella  degll  arresti
 domiciliari;
     che   nella   fase   delle   indagini  preliminari  del  presente
 procedimento, in via di precaria sostituzione del g.i.p.  "designato"
 (cio'  che  rende  per vero arduo parlare di pericolo di prevenzione,
 tanto piu' che la  misura  neppure  risultava  inserita  nell'odierno
 fascicolo  per  il  dibattimento,  di  tal  che la situazione, se non
 prospettata dal difensore,  non  si  sarebbe  neppure  affacciata  al
 ricordo del giudice interessato), il presidente dell'odierno collegio
 ebbe  a provvedere, nel senso del rigetto, su istanza con la quale il
 Basile  chiedeva  la  sostituzione  della  misura  coercitiva   della
 custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari;
     che  la  questione  appare  rilevante, posto che, all'esito della
 invocata declaratoria  di  incostituzionalita',  il  giudice  de  quo
 dovrebbe astenersi in ossequio al disposto dell'art. 36, primo comma,
 lett.  g) c.p.p.
 O s s e r v a
   Sulla scorta dell'indirizzo interpretativo tracciato dalle pronunce
 nn.  432/95 e 131/1996 della Corte costituzionale la questione appare
 non manifestamente infondata.
   Invero, come si legge in un significativo  passaggio  argomentativo
 della  sentenza  131  appena  "...  non sussiste ragione di estendere
 l'incompatibilita' ai casi in cui, in sede d'appello, il tribunale si
 sia pronunciato soltanto su aspetti meramente formali  dell'ordinanza
 che   dispone  sulla  misura  cautelare  personale,  senza  influenza
 sull'esistenza degli indizi di colpevolezza ovvero sulla  sussistenza
 delle  esigenze  cautelari  le  quali  possono, comunque, riflettersi
 sulla posizione  sostanziale  dell'imputato  nel  giudizio.  In  tali
 eventualita',   le   valutazioni   relative  al  merito  dell'ipotesi
 accusatoria restano del tutto estranee al giudizio  del  tribunale  e
 non  vi  e'  ragione  di ritenere che il giudice si sia preformato un
 giudizio di  merito  capace  di  pregiudicare  l'imparzialita'  della
 decisione conclusiva del processo".
   A   contrario,  l'incompatibilita'  appare  doversi  estendere,  in
 ossequio al modello del  "giusto  processo"  cosi'  autorevolmente  e
 solennemente  riaffermato  al  punto  3.1  della  parte  motiva della
 sentenza n. 131/96 (alla quale va fatto doverosamente richiamo  nella
 sua interezza), la disciplina legislativa dell'incompatibilita' anche
 alla ipotesi in premessa indicata, ipotesi che costituisce - a parere
 di  questo  collegio  senza  dubbio alcuno - caso emblematico di quel
 pregiudizio (inteso  in  senso  lessicale-normativo,  beninteso,  non
 certo  in  senso psico-volitivo) che la Corteha inteso cancellare con
 le pronunce gia' emanate  in  materia  di  art.  34,  comma  secondo,
 c.p.p.,  con  cio'  riaffermando il doveroso rispetto ai princi'pi di
 tutela della difesa, di presunzione di non colpevolezza e, quindi, di
 uguaglianza rispetto a posizioni gia' tutelate  e  di  individuazione
 del   giudice  correttamente  precostituito  per  legge  che  trovano
 puntuale   riscontro   in   altrettanti    precetti    della    Carta
 costituzionale.
   La posizione dell'imputato Basile, in se' ed in quanto direttamente
 collegata  con  quella dell'imputato Teruzzi, appare inscindibilmente
 connessa con quella di tutti gli  altri  prevenuti,  per  il  che  si
 impone la sospensione del presente giudizio.